sabato, dicembre 31, 2005

The Great Spirit

Concerto con Donald Brown al Cha Cha stasera. Cominciato in quartetto, finito in settetto con noi quattro fiati in cerchio in mezzo alla sala a risponderci e armonizzarci come fossimo stati una regolare sezione in big band... Blues indiavolati, brani be-bop che non ti fermi più... Il caldo lo senti salire davvero nelle vene, ti prende le mani, le gambe, la testa, il cuore...

Finisce che ci abbracciamo tutti, ci si bacia, ci si danno gran pacche sulle spalle e lunghe carezze e di nuovo abbracci, con le teste vicine, non vorremmo lasciarci, nessuno, stasera, è molto chiaro.

Dire esaltante è poco! Donald vuole rifare un altro concerto con me prima che io parta, dice ora vedo dove te lo organizzo,,, "You always have a great spirit when you sing, man!..." Sapete, detto da Donald, il mio immenso idolo neronero che suona come se avesse quattro mani e otto pensieri, è una cosa che ti mette un certo fuoco addosso...!

Io e Tom unici bianchi, due sassofonisti neri, nero il batterista, neri i due padre e figlio Brown, di nome e di fatto. Anche un'altra cantante nera, c'era, che si è fatta due swingoni un pò troppo modern soul per i miei gusti, ma insomma ci stavano tutti.

NON VOGLIO ANDARE VIAAAAAA!!!

Domani Tom mi ha invitata a passare il Capodanno con lui in una casa pare immensa vicino downtown (che sarebbe il centro città), dove ci sarà un party tipico con mille persone... Dice Tom "bring your mike, I'll bring my horn!", quindi sicuro finisce a jam session pure domani.

Buon anno, ragazzi! Io adesso mi preparo a dormire un pò prima della grande notte, voi a svegliarvi. E quando per voi il Capodanno sarà ormai finito, qui per me sarà ancora pieno pomeriggio...

venerdì, dicembre 30, 2005

Ricette golose

Giuro, l'ho appena scoperto.

SOME DELICIOUS RECIPE IDEAS FROM THE TRIBE, che sarebbe la marca di Hummus che ho scelto.

Già, perché qui siccome nulla ha sapore, si aggiunge: si fanno tartine, piadine, tortillas, con ogni sorta di salsine.

Salsa piccante, guacamole, vegetable dips di ogni fatta, dressings a go-go per le insalate, e hummus, appunto.

Come se tutto questo fosse americano.

Insomma, ecco la deliziosa ricetta:

SPREAD THE HUMMUS ON ONE SIDE OF A TORTILLA. E fino a qui ci arrivavo pure io. THEN PLACE VEGETABLES (CHOPPED CARROTS, CELERY, CUCUMBERS, TOMATOES, PEPPERS, ALFALFA SPREADS, ETC...). ROLL IT ALL UP, SLICE IN HALF AND ENJOY.

Fantastico. Un panino con solo l'hummus e le verdure dentro, senza altri condimenti (considerando che le verdure succitate non hanno alcun sapore), che delizia! Ma il punto non è qui. L'avventura continua: THE BEAUTY OF THIS SANDWICH IS THAT THE HUMMUS (ricordiamoci che l'abbiamo spalmato solo da un lato; ora mi chiedo: trattandosi di una tortilla e non di fette di pane, perché mai avrei dovuto spalmare anche l'altro lato della tortilla?!?) KEEPS THE VEGETABLES TOGETHER UNLIKE MOST SANDWICHES WHERE THE VEGETABLES FALL OUT THE SIDES WHEN BIT INTO. Insomma, la bellezza, capite? Non la bontà... Forse è per questo motivo inconscio che qui sia la bontà che la bellezza sono assolutamente assenti da qualunque derrata, luogo, oggetto...?

Certo, se mangi mentre guidi, è utile e forse anche fondamentale che non ti caschi addosso il condimento del panino. Ma allora tanto valeva usare la colla: CRUNCHY, FRESH AND TRULY SATISFYING. YUM YUM!

giovedì, dicembre 29, 2005

Panera, Bird e il WWW

Eccomi seduta da Panera, col computer sul tavolino, il mug di caffè alla nocciola e un mega roll alla cannella.

No, una cosa più semplice non c'era. E poi da Panera fanno le cose fresche: questa pasta è stata sfornata 20 minuti fa, mi dicono. Sarà.

Ho le dita impiastricciate di crema e glassa di zucchero, e i sapori mi si confondono in bocca lasciandosi inspiegabilmente alle spalle un ignobile retrogusto di chewing-gum alla mela verde. O alla vaniglia e noccioline americane. O chissà cos'altro. Mah.

C'è poco da fare, questa mia vita americana mi esalta. Pratico scale arpeggi e patterns dalla mattina alla sera, cioè come il Dio del jazz comanda (adesso sono perfino in cuffia con l'i-pod ad ascoltarmi Parker mentre scrivo...), domani ho un concerto con Donald Brown al Cha Cha, e tutta la mia mente è presa dai fraseggi, dalle scomposizioni ritmiche, dalle sostituzioni armoniche...

Parlare in Southern slang fa parecchio bene allo swing ed ai fraseggi veloci, lo sento che la lingua appartiene al linguaggio, e viceversa, nel senso che qui tutto è estremamente musicale, swingante, ritmico, sonoro, altalenante e cadenzato...

Amo questo mio Sud, ne sto imparando la storia, e più va e più faccio parte naturalmente della comunità musicale, soprattutto quella nera, che mi sorride nel buio dei clubs da dietro le tastiere, intorno ai sassofoni scintillanti d'oro o fra gli indiavolati piatti della batteria...

E' l'idea di non far altro dalla mattina alla sera, appunto, solo suonare, cantare, pensare agli accordi, alle melodie...

Perché io non riesca a far lo stesso in Italia rimane un mistero. Boh, sarà che noi perdiamo tanto tempo a preparare il sugo e la pizza? O piuttosto ad andare dal commercialista, alla asl, alla posta, in banca...

Qui ovviamente è tutto drive thru, non scendi nemmeno dall'auto e ordini, cambi denaro, mangi, bevi, paghi... Persino le ricette mediche le presenti dal finestrino, e ritiri le medicine dentro un cassettino nel muro... E' anche tutto wireless, quindi dove ti giri lavori, scrivi, comunichi, fai una ricerca nel web, ricevi notizie, rispondi...

Ovvio, io la macchina non ce l'ho, quindi o mi faccio accompagnare o tutti mi guardano un pò come se fossi una freak d'altri tempi, mentre zaino in spalla (altrimenti dove lo metto il portatile?) mi alzo in punta di piedi per arrivare fino alla finestra del distributore degli Smoothies o mi chino sullo sportello automatico della banca.

Se hai un dubbio ortografico o di significato mentre sei lì che mandi e-mails per il mondo c'è lì pronto www.dictionary.com, e così con qualunque altra cosa. Ho l'impressione che ogni mese qui c'è una novità, questo mondo è sempre più interconnesso e ieri ho telefonato a mia cugina in Messico spendendo 50 centesimi di euro per mezz'ora, via Skype, ovviamente. Prima ho cercato sul web qual'era il prefisso per il Messico, obviously, mentre già chattavo con mia cugina per dirgli aspetta che ora ti chiamo, un momentito per favor...! Certo, tutte cose che già faccio in Italia. Ma è la quotidianità che qui mi sconcerta. Sarà che frequento anche un sacco di informatici...?

Fondamentalmente, qui mi sento finalmente NORMALE.
Un pò come il brutto anattrocolo quando finalmente trova i cigni.

Nelle mie orecchie fornite di cuffie con gli auricolari interni a prova di bomba, Bird sta suonando Koko ad almeno 400 di metronomo.

Mi accorgo solo ora che, sballonzolando la testa di qua e di là con la tipica andatura black di chi ascolta jazz e del resto del mondo se n'è improvvisamente dimenticato, sto componendo silenziosi fonemi sulla pagina bianca di Blogger alla stessa velocità:

trrrickytic tritrick tikitikitic trickick kikkitic....

sabato, dicembre 24, 2005

Cicli e Cicale

L'anno scorso era l'anno delle cicale tutte insieme ogni 17 anni, alla faccia dei numeri. E hanno accompagnato la magica creazione del mio album americano.

Ieri e oggi, dopo 13 anni, ho ritrovato praticamente tutti i musicisti con cui avevo suonato per la prima volta in America 13 anni fa.

John Ricci, William Ellis, Patrick Langham... oh Gesu', cosi' tanti che di alcuni non ricordo ancora bene i nomi e i cognomi! Eccoci qui riuniti in una mega jam session di Natale, noi venuti dai quattro angoli del mondo, e dopo una vita tutti convenuti qui, adesso, insieme.

Ci siamo confessati l'un l'altro che nessuno di noi doveva essere qui in questi giorni, stasera poi...!

Invece uno dopo l'altro siamo arrivati al Cha Cha Club, dove suonavano Donald Brown e i suoi.

E uno dopo l'altro ci siamo riconosciuti, increduli.

Ho un invito per andare a cantare e insegnare a Jacksonville, in Florida. Un'altro in California. E a New York, quando, per cantare con il trio di Matt Fries?

Ieri ho cantato con Mark Boling, Rusty Holloway e Keith Brown, il mio trio. La settimana prossima ho un concerto con la band di Donald Brown, che mi assicura stasera "vedrai, sara' fantastico, those cats will swing, I promise"...

Qui c'e' un'atmosfera magica, e mi e' Natale nel cuore...

Tanti auguri a voi che mi leggete, dunque, in questa vigilia cosi' particolare, in cui il mio inglese ormai impressiona tutti, e io non ho piu' paura di volare.

martedì, dicembre 20, 2005

MERRY CHRISTMAS!

Eccomi nella mia cameretta da Betsy…

…Tutto è già in ordine da ieri mattina, i bucati fatti, gli abiti già stirati, e una montagna di regali di Natale ovunque intorno.

Sono appena tornata dallo shopping natalizio con Julie, e sono incaricata di tenere i regali qui e di fare tutti i pacchetti, altrimenti poi i bambini non credono più a Santa Claus. Io sono ovviamente molto felice dell’incarico! L’atmosfera si fa ogni giorno più intensa, luci e ornamenti ovunque, auguri scambiati perfino alla dogana, e mille inviti fin dalla prima sera (ieri) passata a bere frozen margarita all’Agave Azul.

All’Agave Azul, quando ormai non ci pensavo più, compare a sorpresa Allen, gustandosi la mia faccia più che sorpresa. Abbiamo subito ordinato un altro boccale di margarita, ed eccoci in quattro a parlare inglese e francese con un gran miscuglio di termini, fraseggi e modi di dire… Tom, Julie e Allen si occupano di informatica, quindi dopo un po’ ci si scambia idee su programmi che prevedono gli eventi catastrofici, tipo Katrina.

Tom, arrivato a Knox da un mese, alterna fasi di pianista jazz e altro, a fasi di ingegneristica informatica, quando finisce i soldi che si è messo da parte per poter fare il musicista. Lavora con Julie e Julien al momento. Con Katrina ha perso la casa, quindi dal Mississipi se n’è andato, ed eccolo con noi in questo strano luogo di incontro che è Knoxville al momento. Tom parla un francese quasi perfetto e senza accento americano, ma quando arriva Allen i due si lanciano in un rapido scambio di battute in cui lo spirito del sud, caldo e aperto malgrado l’americanità, si fa sentire.

Ridiamo tutti, Julie dice che come rido io con gli acuti a salire sempre di più, non ride nessun altro, e lei non potrebbe mai farlo senza perdere la voce… Ridiamo ancora di più, e tutti insieme. Il margarita qui lo fanno veramente buono, e ci riportano i tacos e la salsa piccante appena fatti, una vera squisitezza.

Voi però volete sapere com’è andato il viaggio.

A Roma non funzionavano i display, così ho rischiato di perdere l’aereo perché non riuscivo a sapere dove andare.

L’aereo aveva 45 minuti di ritardo in partenza (penso perché han dovuto spalare dentro tutti i passeggeri persi nell’aereoporto come me), mai ripresi perché abbiam viaggiato col vento contro.

All’arrivo avevo 40 minuti per: passare il controllo passaporti, riprendere le due valigie, passare la dogana, rifare il check-in dei bagagli, raggiungere con la navetta il terminal giusto e la gate appropriata, e prendere l’aereo.

Non ce l’ho fatta.

Ho perso il volo per Knox per un quarto d’ora, e ne ho aspettato un altro per 2 ore. Ho dovuto naturalmente passare alla biglietteria e farmi rifare una nuova carta di imbarco, riprendere la navetta e cambiare terminal.

Con i tacchi alti, ho pensato di morire a farmi su e giù tutto l’aereoporto di Atlanta, dopo 12 ore di viaggio!!!

Dimenticavo: sul primo volo mi avevano assegnato un posto che non c’era, come il binario di Harry Potter. Ci siamo ritrovati quindi in 4 nel corridoietto delle toilettes del boeing, in corrispondenza delle file 21 e 22, chiedendoci come mai i posti B e C non esistessero e cosa ne avrebbero fatto di noi.

Ci hanno rifatto le carte di imbarco, ed abbiamo avuto l’esistente fila 28.

Poi il mio pasto vegetariano non era registrato. Meno male c’erano i ravioli di ricotta con le verdure, e per merenda la pizza vegetariana.

Insomma alla fine sono arrivata a Knox distrutta, alle 20 e 30 di domenica (per voi erano le due e mezza del mattino di lunedì). Ad aspettarmi c’era la sorridente Julie, e l’entusiasta Zoé, mia più giovane fan (Zoé ha 3 anni, e viene ai miei concerti, chiedendomi sempre di cantare Someday my prince will come, da quando ne aveva due).

A casa Betsy mi accoglie con gioia, e Patty telefona poco dopo per darmi il benvenuto. Mancava all’appello solo Allen… ma lui si sa che si vuol far desiderare! Così l’indomani partono varie e-mails a botta e risposta come nostro solito ormai da mesi, e la sera a sorpresa eccolo lì che sorride sornione nel buio dell’Agave Azul.

E’ festa, quaggiù! Chissà da voi? Ciao folks, a presto!

This page is powered by Blogger. Isn't yours?